Morire a 57 anni in un casolare abbandonato, rifugio di fortuna per chi ha scelto o è stato costretto ad avere come unica casa la strada.
E’ accaduto ieri a Messina.
Frakas Ferengne, così si chiamava la donna di 57 anni, di origini ungheresi, che è stata trovata morta all’interno di un rudere abbandonato in via Salandra, a pochi passi dal centro, accanto all’Autocentro della Polizia di Stato.
La Polizia è intervenuta sul posto, allertata da un altro clochard che, insieme a lei, aveva trovato riparo in questi giorni di mal tempo e temperature abbassate.
Un dramma che si ripete nella città dello Stretto.
Nel maggio scorso aveva destato tanta commozione la fine di Rashid, il 42enne senzatetto marocchino, stroncato da un infarto nel suo rifugio di fortuna che aveva creato nelle vicinanze della Stazione marittima. L’uomo era stato trovato con il corpo martoriato dai morsi dei topi.
Nel settembre del 2021 si trattò, invece di omicidio, il caso della Concetta Gioè, uccisa davanti alla Chiesa di Santa Caterina, nella centralissima via Garibaldi. L’anziana, originaria di Palermo, era stata colpita da 12 coltellate da un 70enne con cui aveva un debito di 100 euro.
Storie di solitudine, degrado e, talvolta, violenza ci circondano, nascoste in quell’area grigia che si chiama indifferenza.
Messina non può dirsi totalmente disattenta ai bisogni di queste persone sfortunate.
Esistono, come in tutte le città, mense per i poveri, case di accoglienza, associazioni di volontariato che portano loro viveri e vestiario.
Ma, evidentemente, tutto queto non basta, se poi si continua vivere di stenti e si muore anche in giovane età.
In Italia si stima che siano circa 90mila coloro che, per costrizione o per scelta, non hanno una dimora.
Persone che vogliono un’esistenza basata sulla libertà ma, soprattutto, persone povere, ammalate, disconosciute dai familiari, extracomunitari, tossicodipendenti, ex carcerati o pazienti psichiatrici.
Per loro non basta solo il tozzo di pane, il maglione o il letto caldo per la notte a chi lo accetta.
Qui devono essere la politica, le amministrazioni comunali, le Aziende sanitarie locali a dover agire per dare una spinta in più, una motivazione per uscire da quel mondo nebuloso dove esseri umani sono degli invisibili.
Occorrerebbero dei programmi per offrire assistenza psicologica e psichiatrica, cure per chi è ammalato o drogato, lavoro per chi ce l’ha.
In questi giorni in cui si parla del Reddito di cittadinanza c’è da chiedersi quanti di questi invisibili lo ha ricevuto, se qualcuno li ha aiutati ad ottenerlo.
E c’è da chiedersi se verrà revocato anche a loro, che per età dal Governo Meloni sono ritenuti occupabili.