Quanta altra distruzione, quanti altri morti ci vorranno per comprendere che agire in fase di emergenza non serve a nulla?
L’ultimo evento catastrofico in Italia, con l’alluvione di Ischia, ripropone il tema della sicurezza del territorio.
Sin dal primo caso più eclatante della storia recente, quello del 2009 a Messina – tra Giampilieri, Scaletta Zanclea – è evidente che qualcosa va fatto per evitare altri simili tragedie.
E ed è evidente che evocare soltanto l’abusivismo edilizio non è sufficiente.
Anche per l’alluvione di Giampilieri si è subito parlato di abusivismo edilizio: il capo della Protezione civile utilizzò questo termine.
Ma poi le verifiche gli hanno dato torto, tranne qualche caso, ma di certo non si trattava di case costruite senza autorizzazioni.
Il fatto più eclatante fu l’edificio di Scaletta, costruito al limite dell’alveo del torrente. Le foto panoramiche erano impressionanti: sembrava che quel palazzo fosse stato realizzato all’interno del corso d’acqua. Invece, si è poi chiarito, che la piena era stata così abbondante da investire l’immobile. Così accadde per le case storiche che l’acqua ha travolto nella sua furia. Quel palazzo venne demolito e mai più ricostruito.
Certamente a Ischia la situazione edilizia è molto problematica e sanare i manufatti magari non sarebbe la soluzione migliore.
Ma utilizzare l’abusivismo come alibi non porta a nulla.
Soprattutto non risolve il problema, che riguarda anche e – direi – soprattutto l’intervento delle Amministrazioni pubbliche locali e del Governo.
Infatti, il dissesto idrogeologico ha tra le sue cause maggiori il cambiamento climatico, con le cosiddette “bombe d’acqua” sempre più frequenti.
Le campagne sono abbandonate e non vengono più coltivate.
Gli incendi provocano la distruzione della macchia mediterranea che spesso non viene soppiantata da attività di rimboschimento. Un caso recente è quello di Stromboli, vittima due volte: prima la devastazione del fuoco la scora estate e, poi, gli eventi alluvionali, provocati proprio da quel rogo e la conseguente cancellazione della vegetazione.
E’ su questi fattori che bisogna concentrarsi e rimboccarsi le maniche.
A Giampilieri, ad esempio, oggi sono visibili gli interventi che rendono il paese e tutte le zone colpite tranquillamente vivibii.
La via Vallone, simbolo di quella sciagura, ora è un torrente con muri di protezione. In tuta l’area si è intervenuti con argini e strutture di protezione per evitare il distacco di massi.
Ovviamente, le case ricadenti nella “zona rossa” sono state demolite. E, ribadiamo, non perché fossero abusive, ma per adeguare la superfice ai cambiamenti degli ultimi decenni.
Di esempi negli anni di alluvioni con una lunga scia di morte e distruzione su tutto il territorio nazionale ce n’è a bizzeffe: Genova (2011 e 2014), in Veneto (2010 e 2018), Marche e Romagna (2011), Sardegna (2013) Livorno (2017), Casteldaccia (2018), Ancona e Pesaro e Urbino (2022).
Soltanto sabato scorso, poi, l’ennesimo episodio tra Barcellona Pozzo di Gotto, Terme Vigliatore e Milazzo.
Altro tema attuale riguarda la responsabilità diretta degli amministratori locali.
Il ministro per l’Ambiente e la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, all’indomani dell’alluvione di Ischia ha dato la sua ricetta contro l’abusivismo edilizio: “Secondo me basterebbe mettere in galera il sindaco e coloro che lo lasciano fare”.
Nulla di più imprudente poteva essere detto, tanto da fare poi quella solita rettifica – arrampicata sugli specchi – di cui ormai i politici ci hanno abituato.
Basti solo pensare – e questo non lo ha detto nessun giornale e nessun tg – agli strascichi giudiziari per Giampilieri.
I sindaci all’epoca dei fatti di Messina, Giuseppe Buzzanca, e di Scaletta Zanclea, Mario Briguglio, erano stati dapprima condannati a sei anni in primo grado. Poi la Corte d’Appello, nel 2017, ha riformato la sentenza di primo grado, con l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”. I vertici della Regione e della Protezione civile erano stati assolti in primo grado.
Ribadiamo, si tratta di territori e di casi diversi… ma poi forse neanche tanto.