Alluvione in Emilia Romagna: la politica si gioca la credibilità sulle riforme ambientali

L’Italia si trova in una posizione delicata quando si tratta di politica ambientale.

Quanto accaduto in Emilia Romagna – solo l’ultima tragedia ambientale in ordine di tempo – ci riporta al tema di cosa si sta facendo nel nostro Paese per contrastare l’ormai acclamato disastro ecologico in atto su tutto il Pianeta.

Le polemiche in questi giorni si rincorrono ed è brutto farle mentre ancora si spala il fango alla ricerca dei dispersi.

Ma una riflessione lucida e oggettiva va fatta.

Mentre l’Europa avanza rapidamente sulla strada della sostenibilità e dell’innovazione verde, l’Italia sembra affaticarsi nel rincorrere i cambiamenti necessari. 

Non basta istituire ministeri con nomi evocativi: è giunto il momento di affrontare questi ritardi e prendere di petto la sfida della transizione ecologica in modo serio e strategico.

Mentre l’Unione Europea si impegna a raggiungere un’economia a zero emissioni inquinanti, l’Italia sembra essere divisa sulle scelte da adottare. Mentre alcuni partiti politici sono allineati con la politica europea, altri mostrano posizioni più conservatrici, mettendo l’economia prima della tutela dell’ambiente. Questa divisione di opinioni rallenta il processo di adozione delle riforme e crea una mancanza di coerenza nelle priorità.

In confronto all’Europa, l’Italia registra un ritardo significativo di almeno 10 anni nella creazione di una normativa organica in materia ambientale.

Indicativo il fatto che l’attuale Governo Meloni abbia nominato Roberto Cingolani, già ministro della Transizione ecologica con Draghi, come amministratore delegato di Leonardo, la più importante industria nel campo della difesa, la sicurezza e l’aerospazio. Questa scelta fa interpretare chiaramente la visione dell’Italia – a prescindere dai governi – proprio sulla transizione ecologica.

Lo scienziato Ferdinando Boero sul Fatto quotidiano parla di “ignoranza ambientale” nella classe politica italiana. La mancanza di competenze specifiche su questioni  ambientali – secondo Boero – ha rallentato il progresso e ha portato a decisioni incoerenti e non strategiche.

Ma perché negli altri paesi i politici sono tutti scienziati?

Più che di ignoranza, si deve parlare di volontà e di capacità decisionale.

Purtroppo è sotto gli occhi di tutti che in Italia – e soprattutto in questo Governo Meloni – i provvedimenti sono guidati o dall’ideologia o dalla strategia elettorale o dalle esigenze delle grandi industrie e corporazioni.

Ci vogliono politici che non si facciano tirare per la giacchetta da chi cura interessi di parte, soprattutto quando questi interessi mettono a rischio la sopravvivenza del territorio e dei cittadini.

In questo consiste la grande sfida che ora deve affrontare Meloni, perché le regioni maggiormente colpite dai disastri di alluvioni e siccità sono le più produttive del Paese.

E a nulla varranno gli aiuti in fase di emergenza, se non si avviano riforme strutturali in tema ambientale.

Perché il prossimo disastro non avverrà tra 5 o 10 anni, vista la frequenza a cadenza ravvicinata di questi fenomeni atmosferici estremi.

Bisogna intervenire adesso. Altrimenti i cittadini/elettori sapranno come giudicare quando andranno alle urne la prossima volta.

E la prossima volta è vicina, con le europee imminenti.

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